Recensione a “Gli Innamoramenti “ di Javier Marias

Recensione a “Gli innamoramenti “ di Javier Marias

a cura di Rosalia Mollica

E capita di fare come con le ciliegie, una tira l’altra, letto il primo si prosegue. Si approfondisce la conoscenza, come quando incontri qualcuno d’intrigante e vuoi andare a fondo, cerchi  di capire di più, non ti fermi a giudicare alla grossa, specialmente quando il primo incontro è  stato” gustoso” .
“Gli innamoramenti” di Javier Marias  è  la storia di Luisa e Miguel, la coppia perfetta, osservata tutte le mattine da Maria nel caffè di Madrid  dove si ritrovano a fare colazione. Maria vede nella coppia l’esempio di ciò  che dovrebbe essere la felicità, assiste ad una breve scena di vita familiare tutti giorni e i suoi protagonisti le danno la forza di affrontare la giornata, sono il doppio caffè della colazione, sono i suoi sogni in carne ed ossa,  l’”incentivo mattutino“, lo stimolo. Un giorno però  Miguel muore tragicamente e Maria decide di avvicinarsi alla vedova . Conosce inoltre  il migliore amico di Miguel,  Javier  e con lui intreccia una relazione che le farà vivere momenti inaspettati.
La scelta del titolo non è  casuale naturalmente,  “ Gli innamoramenti “ potrebbe dirsi  infatti un saggio sull’amore,  una disamina di ciò  che anche qui appare inspiegabile,  di ciò  che nessuno conosce veramente pur avendone fatto esperienza. C’è  tutto , l’amore impossibile, la gelosia, la memoria di un amore perduto “(..)che di tanto in tanto torna indietro e spesso si maschera da rifugio,  nel passare per una strada o nell’annusare una colonia o nel sentire una melodia(.. )” e l’amore unilaterale che a volte è  spinto da “ragioni idiote” che suonano stonate a chi non ha provato nulla di simile, “ manifestazioni di fede” che vivono di attimi che non chiedono nulla di più che essere vissuti  desiderando che la persona amata: “(..)  stia ancora entro il nostro orizzonte e non sparisca del tutto (..)”.
E poi ancora la parola innamoramento,  una parola sconosciuta in tutte le lingue e usata solo in italiano, Marias fa un distinguo anche con l’amore : “Ci attirano molto alcune persone, ci divertono, ci incantano…ci trascinano, riescono a renderci pazzi momentaneamente..può sostituire l’amore..; ma non l’innamoramento …quel che è  molto raro è  provare debolezza,  una vera debolezza per qualcuno, o che costui la produca in noi, che ci renda deboli. Questa è la cosa determinante, che ci impedisce di essere oggettivi e ci disarmi in eterno e ci faccia arrendere in tutte le contese..” l’innamoramento è  ciò  che tutto muove allora!
Ogni pagina sembra uno specchio in cui riflettersi, l’idea  della morte ( she should have died hereafter- tomorrow,  tomorrow,  tomorrow… ) perché il più avanti su cui tutti contiamo cessa di esistere  quando  non può esserci più tolto nulla. Non finisce più nulla per noi se siamo già  finiti e  il lutto che avverte chi resta è  un vuoto- pieno che rivela mille contraddizioni ( There  would have been a time for such a word) e chi meglio di Shakespeare   può aiutarlo a comprendere .
 La trama è un pretesto,  una cornice  per guidarci in una sarabanda di emozioni , Il destino  ci appartiene perché noi siamo cio’ che viviamo e non potremmo essere altro pur esistendo una  vita vissuta e una pensata ma : ”La forza dei fatti   è  talmente spaventosa che chiunque finisce per essere  più o meno rassegnato alla propria storia, a quanto gli è  accaduto  e a ciò che ha fatto o  ha smesso  di fare anche se può credere di no o non lo riconosce”,  perché  l’unica vita che abbiamo  è  quella che è  sparita tra la vera e l’immaginata.
 Tante le debolezze, mille i moti dell’anima, i sentimenti,  le attenuanti che gli uomini si inventano per giustificare le proprie azioni nefande e  spesso  inanellano scuse per giustificarsi poiché  la mistificazione ci appartiene,  siamo vittime di raggiri e raggiriamo noi stessi prima che gli altri.
 Ad ogni pagina capita di  pensare: ecco, sono io!.. sospiri quasi quando ti riconosci, sembra che Marias ti legga dentro. La voce narrante è  l’alter ego di Marias, Maria guarda caso, la narrazione procede oltre che per dialoghi anche attraverso l’immaginazione della protagonista, lei immagina, in un “ gioco” empatico sempre puntuale,  tutto ciò che gli altri sentono, specialmente  il suo amore Javier ( guarda caso Javier anche lui). Marias si è  impossessato  del corpo della donna per parlare attraverso lei, lui, il ventriloquo, lei il pupazzo.  In realtà,  chi legge sente di essere mosso dallo scrittore,  “parlato” dallo scrittore,  come se conoscesse ogni piega della sua anima e dell’umanità intera. Ti denuda, ti  scopre, sei colto in castagna, beccato, ti psicanalizza, ti ipnotizza con la sua scrittura incalzante . Ma amore e morte sono i temi principali. Quante verità  sul lutto, sulla vita, sull’amore… da brividi! È un indovino,  svela l’arcano, senza frasi sibilline,  pane al pane, dritto al cuore, dentro l’anima  come un grimaldello.
Non manca Marias di elogiare il potere, la forza della letteratura, quella antica, quella di Balzac col suo  colonnello Chabert che accompagna tutto il libro con continui richiami, ed ecco Shakespeare che incalza col Macbeth e poi Dumas con i suoi Tre moschettieri. Ancora una volta in questo romanzo l’autore sembra tessere la tela intorno a delle frasi chieste in prestito ai grandi delle lettere, come un filo conduttore, un mutuo soccorso fra colossi perché i romanzi ci mostrano ciò che non conosciamo e ciò che non accade ma  che potrebbe accadere perché ci riconosciamo nei personaggi  e “(..) le cose interessanti  sono le possibilità  e le idee che si inoculano e ci portano attraverso i loro casi immaginari, rimangono in noi con maggiore nitidezza dei fatti reali e li teniamo in maggiore considerazione (..)”..e poi tanto tanto altro .
Insomma una storia che intreccia  amore e morte, due esperienze fondamentali e inevitabili dell’uomo  che a volte seguono lo stesso andamento con la vana speranza del “ hereafter “  e chi prova amore “alone and palely loitering” o il dolore di una perdita comprende che : “la vita è  solo un’ombra che cammina: un povero attore che incede e si agita sul palcoscenico e poi non lo si sente più : è  una storia raccontata da un idiota, piena di rumori e di rabbia, che non significa niente”.(W Shakespeare )