Recensione a Javier Marias, “Berta Isla”.

Recensione a “Berta Isla” di Javier Marias, Einaudi Editore

“Per molto tempo non avrebbe saputo se suo marito era suo marito”. Inizia cosi Marias , e poi, ” insieme ma con poca presenza e senza limiti precisi, insieme ma dandosi le spalle”. Con queste due frasi la dice lunga sulla storia, sintetizza tutto ciò che si incontra da lì a poco. Tomas e Berta sono i due protagonisti, si incontrano a Madrid dove vivono lei, madrilena purosangue, lui metà inglese da parte di padre e metà spagnolo da parte di madre. Un amore nato a scuola, si scelgono, e nonostante la lontananza degli anni universitari  lui studierà ad Oxford) e qualche distrazione amorosa frutto dell’emancipazione sessuale della fine degli anni sessanta, si sposeranno nel maggio del 1974. Ma la vita è bizzarra e imprevedibile, ti porta a non poter scegliere ma ad essere scelto “… non esistette finché esisteva e quando cessò di esistere non era esistito”.

Ti cambiano le cose che accadono e anche quelle che non accadono. Tomas ha tanto da nascondere, qualcosa che non potrà mai rivelare “esiste solo quello che viene raccontato, quello che si arriva a raccontare“. La vita è un palcoscenico e quando credi di essere in platea ad assistere ad uno spettacolo in realtà sei sul palco e reciti anche tu una parte che, importante o no che sia, verrà dimenticata, cambierà il corso della storia, sarà solo un ricordo o “polvere sulla giacca di un vecchio”. Durante i suoi anni universitari a Oxford il destino ha deciso di cambiare e manovrare la sua vita e quella di sua moglie trasformando lui in Mattia Pascal e lei in Penelope anglo-madrileni.

I grandi eventi cosi come quelli piccoli sono spesso mossi da fatti che si ignorano, le cose che agiscono nell’ombra che non hanno bisogno di riconoscimenti sono quelli che turbano il mondo.

Il romanzo è suddiviso in parti, le prime due sono in mano all’autore-narratore onniscente: Marias è protagonista al pari dei suoi personaggi e ne fa cenno con un cameo alla Hitchcock, un’apparizione semicelata, è lui il burattinaio che muove i fili: “Noi siamo come il narratore in terza persona di un romanzo. È lui che decide e racconta, ma nessuno può interpellarlo né mettere in dubbio ciò che dice. Non ha nome e non è un personaggio(…) si ignora quello che sa e perché omette quello che omette(..) come mai ha il potere di determinare il destino di tutte le sue creature(..). Parlo del narratore, attenzione, non dell’autore, che se ne sta in casa sua e non risponde di quello che il suo narratore riferisce; neppure lui può spiegare come mai il narratore sa quello che sa.” Non fa riferimento a se stesso dichiaratamente, una breve apparizione fra le tante che farà tra parentesi dove interviene, giudica, spiega, ammicca al lettore, lo rende partecipe. Sembra di vederli i personaggi, descritti fisicamente in maniera accuratissima, niente scenari, solo sfondi, i particolari fisici sono minuziosi e intessuti come merletti barocchi, ghirigori linguistici e descrittivi che inducono il lettore a vedere i personaggi, proprio davanti a sé, e prova anche le sensazioni che Marias prova, diventa un tutt’ uno col suo sentire. La narrazione è ricca di “ lezioni di vita”, piccole chicche di saggezza( ricevere favori sminuisce, farne ingigantisce) e ancora ( il disprezzo fa già il suo lavoro, scoraggia e mina l’amor proprio). A volte il personaggio prende il timone, fluiscono i suoi pensieri ed è come se il narratore sparisse per un po’. Ma poi ritorna padrone della scena. Dalla parte terza Berta parla in prima persona.  Questi cambi di punti di vista risultano leggeri, morbidi e creano movimento: Marias, Tomas, narratore, Berta. Ma Berta- Penelope dà il titolo, Berta ha maggiore diritto di parola e chiede al suo pubblico: “chi non ha provato questo almeno una volta nella vita?”. Berta è una donna che condurrà una vita fuori dall’ordinario, di riflesso, per la vita imposta al marito, ma prova emozioni, sentimenti comuni a tutte le donne. Marias- Tiresia, riesce ad entrare nell’animo delle donne profondamente , deve conoscerle molto bene per descriverle dal di dentro così come fa. E ancora sfondi storici e politici, citazioni letterarie ( Balzac, Shakespeare, Melville) ma fil rouge di tutto il romanzo sarà la poesia di T.S Eliot:”Nella strada devastata mi lasciò..con un vago commiato and faded on the blowing of the horn”(…)E così non vidi mai la polvere sospesa nell’aria, che secondo Eliot indica il punto in cui finisce una storia”, una storia d’amore fuori dall’ordinario, un legame da annodare ben stretto prima che si possa trovare il coraggio di slegarlo, due anime in lotta contro gli eventi, sconfitti da sempre, ma uniti nella battaglia, perché è questo che avviene alla vita di tutti,  stare in attesa : “We always stand and wait”.

Rosalia Mollica