Spinge da ponte suicida indeciso

Davide stava facendo la sua solita passeggiata e, come da tre anni a quella parte, da quando cioè viveva in quella odiata città, stava attraversando quel ponte, da cui amava ascoltare il fragore del fiume che vi scorreva sotto.
Unica nota stonata in quel ripetuto quadro, un uomo – avrà avuto una ottantina d’anni – che evidentemente voleva farla finita. Un fremito attraversa il corpo di Davide e quello stesso fremito diventa parola.
«Ma cosa sta facendo? È impazzito?».
«Mi lasci stare.», risponde l’attempato signore, «Voglio concludere questo mio viaggio nella vita e lasciarmi inghiottire da queste acque fangose».
«La prego, cerchi di ragionare. Ritorni in sé stesso e si allontani da lì. E poi, non le sembra ridicolo? Ha almeno ottant’anni e la morte la sta raggiungendo da sé. Le basta aspettare ancora un po’».
Mentre parlava, Davide si avvicinava a quell’uomo.
«Mi dica. Qual è il suo nome?».
«Matusalemme», rispose il vecchio, «e, appunto, perché tale, di nome e di fatto, voglio farla finita».
«Aspetti ancora un po’! Facciamo due chiacchiere. Magari cambia idea e possiamo andare a prendere un caffè al bar o, se vuole, possiamo metterci a parlare lì, su quel ciglio».
«Due chiacchiere? Nessuno mai mi aveva rivolto un simile piacevole invito. Venga pure, si accomodi qui. Sa, questo ciglio, come lei lo chiama, non è poi così scomodo. Le assicuro che stare a penzoloni nel vuoto è quasi piacevole».
Anche se poco convinto della piacevole comodità di quel posto, Davide si accostò al vecchio e sedette accanto a lui.
Preso da una scivolosa logorrea quell’uomo non la finiva più di parlare, quasi avesse accumulato ottant’anni di silenzi e adesso li vomitasse in ripetuti cigolanti conati.
Erano trascorse già due ore e Davide maledisse il momento in cui non decise di continuare indifferente ed imperterrito la sua consueta passeggiata. In fondo, pensava tra sé, non sarebbe stato così male che quell’uomo desse fine a quella squallida inutile esistenza. Un misto di rabbia, fastidio e insofferenza solleticò, ad un tratto, l’anima di Davide, insieme alla triste consapevolezza di avere di fronte una immagine vivida, tangibile della sua stessa vita. Forse era proprio questo a creargli quel nauseante senso di oppressione allo stomaco.
Improvvisamente Davide si voltò di scatto, guardando il vuoto grigiore dietro la bocca frignante del vecchio Matusalemme e muovendo le labbra in un soddisfatto sogghigno spinse quell’uomo nel vuoto.
Finalmente poteva continuare la sua consueta passeggiata nel vuoto, non poi così differente, della sua vita.

Frate Francesco

Comments (1)

lagilinaNovembre 9th, 2010 at 23:06

mi è capitato spesso di ascoltare qualcuno per gentilezza e pentirmene amaramente subito dopo… :-)
bella l’accostamento tra il vuoto della conlcusione di una vita e il vuoto della continuazione dell’altra.
Francesca