Biblioterapia

Dal Corriere della sera:

Il dottore mi ha prescritto un libro

Un «trattamento» da mettere in valigia: pagine scelte, contro i nostri disagi

Ma che cos’è questa strana cura?. «La biblioterapia è una vera e propria terapia: “prescrivere” un libro — spiega Rosa Mininno, psicologa e psicoterapeuta, curatrice di www.biblioterapia.it, il primo sito del genere in Italia — aiuta la persona sofferente a riflettere su di sé, a potenziare le capacità cognitive ed emotive sviluppando risorse empatiche, acquisendo conoscenze ed elaborando strategie di gestione del disagio». «Io ho cominciato più di 10 anni fa — conferma Andrea Bolognesi, psichiatra — a “prescrivere” libri, al posto o insieme ai farmaci, a pazienti in situazioni di disagio esistenziale, lieve depressione, o che soffrivano di crisi tipica delle età di “passaggio”: adolescenza, menopausa, vecchiaia».

Ma perché leggere fa bene? «I romanzi, — risponde Bolognesi — specie i grandi della letteratura classica, sono miniere dove ognuno può trovare la nota cui accordare il suo cuore. Nella lettura dei romanzi entra in gioco l’identificazione coi personaggi. Questo meccanismo permette di “guardarsi dentro” senza auto-inganni, grazie a quella dose di indulgenza/complicità che, attraverso il personaggio, ci fa accettare nostri difetti, errori o conflitti. Nella lettura dei saggi invece, se davvero “centrati” sul problema del paziente, scatta un meccanismo di chiarificazione/illuminazione che fa esclamare: “Ma è stato scritto proprio per me!”. E questo aiuta a superare le naturali resistenze che, all’inizio, si frappongono tra terapeuta e paziente».

E ci sono libri per ogni tipo di disagio. «Come non consigliare Madame Bovary, o Anna Karenina, o Casa di bambola a donne tormentate dal desiderio di evasione e riscatto? — dice Bolognesi —. Ai genitori possessivi, suggerirei il capitolo “I Figli” tratto dal Profeta di Gibran e ad adolescenti afflitti da incomunicabilità col padre proporrei Lettera al padre di Kafka. Ai depressi indicherei Bartebly, lo scrivano di Melville, e Oblomov di Goncarov, due personaggi che rappresentano, meglio di qualsiasi trattato di psichiatria, il prototipo di chi lascia scorrere la vita guardandola dalla finestra. Confrontandosi con loro, il depresso apatico può scuotersi e ritornare ad essere attivo, con un meccanismo “omeopatico”. Con meccanismo opposto può invece agire il Circolo Pickwick di Dickens, che dona buon umore anche ai più sfiduciati. Ai manager stressati, propongo Le memorie di Marco Aurelio e Le lettere a Luciliodi Seneca: la loro pacata saggezza potrà aiutare a capire il valore del “soffermarsi” su di sé con coraggio. E agli ansiosi ipocondriaci indico Il male oscuro di Giuseppe Berto o il bellissimo racconto Il sentiero nel bosco di Adalbert Stifter perché possano rendersi conto di quante energie dilapidano concentrandosi sulla loro nevrosi».

Rita Proto
26 luglio 2008(ultima modifica: 27 luglio 2008)

Comments (2)

ProffinaLuglio 31st, 2008 at 11:05

Non sono molto d’accordo su alcune motivazioni espresse nell’articolo, e ancor di più non sono d’accordo sui libri evidenziati come esempi, senza nulla togliere a quelli citati, ci sarebbero libri di gran lunga più interessanti da riproporre. Ma mi è piaciuto molto il concetto della lettura come terapia. Se per noi costituisce la spontaneità di una passione, per altri può essere addirittura una medicina. Scontato? Non saprei.
Nancy

Juliette75Agosto 5th, 2008 at 22:24

I libri come medicina!!!! Mi piace, e ad essere sincera è una cosa che faccio già da tempo… infatti, alcuni libri sono stati essenziali per la mia salute mentale…ah ah ah! durante la mia lunga ricerca di Amicizia, c’era sempre conforto e fiducia per me nelle calde e profumate parole di un libro!
Comunque i libri preferisco scegliermeli da sola… in genere, soprattutto se si tratta di ricucire la mia anima.