Resoconto convegno nazionale BombaCarta

Cari terremotati, ho avuto dalla proffina l’ingrato compito di fare un resoconto del convegno nazionale di BombaCarta dal titolo “La poesia. Vivere nella possibilità”, tenutosi a Reggio Calabria giovedì 3 aprile 2008. Eccomi dunque all’opera, tenterò di raccontarvi ciò che ho visto e ciò che ho sentito, consapevole che comunque l’esperienza vissuta in prima persona sia un’altra cosa.

Il percorso di conversione al credo della parola conchiglia

Una sala gremita, un’atmosfera familiare, volti allegri di chi si rivede con genuino piacere di incontrarsi e raccontarsi. L’età media dei presenti, prevalentemente donne, si aggira abbondantemente sopra gli anta. Per un attimo mi è sembrato di essere stata catapultata ad una manifestazione organizzata dalla Fidapa (nulla di personale ovviamente contro tale meritoria associazione) per presentare l’ultima raccolta di poesie di una semisconosciuta scrittrice locale. Ma si sa, l’età non conta e le apparenze spesso ingannano.

Trascorsa una mezz’ora in amabile conversazione con Nancy, tagliando e cucendo su presenti e assenti, ecco arrivare all’improvviso una ventata di gioventù. Quando l’atmosfera si è ormai riscaldata e intense relazioni sociali sono state intessute tra i presenti, gli attesi ospiti romani accolti da esclamazioni di gioia e sospiri di sollievo fanno il loro trionfale ingresso. Volti a me sconosciuti dai nomi familiari mi sfilano davanti e nel giro di pochi minuti, fatti di calorosi abbracci e generosi sorrisi, si aprono le danze.

Il microfono va prima ai coordinatori delle sezioni di BombaCarta presenti in sala e, tra di loro, dulcis in fundo, tocca anche a Nancy che riesce a conquistarsi la simpatia dei presenti mantenendo i nervi saldi e controllando le emozioni di fronte ad una sala gremita in maniera imbarazzante. Riesce bene la nostra proffina a comunicare la grande vitalità e voglia di fare di Terremoti di Carta presentando le varie iniziative portate avanti tra le quali spicca come un fiore all’occhiello Shakespeare in love.

Scroscianti applausi salutano l’intervento, quasi un momento di gloria per me e Roberta che, sedute accanto a Nancy, vediamo piovere su di noi sguardi di ammirazione e compiacimento indirizzati a coloro che inevitabilmente si presentano come le rappresentanti di questo gruppo messinese così vulcanico. Ristabilito in breve il silenzio la parola passa al simpatico Andrea Monda, il primo della troupe romana a parlare per introdurre l’argomento del convegno e colui che con leggerezza introduce il primo degli oratori, Antonio Spadaro, tracciandone un breve profilo biografico, impresa ardua visto lo spessore della persona e la sua poliedricità. Il numero delle pubblicazioni a suo carico sembra incommensurabile, alcune, le ultime, vengono mostrate dallo stesso Monda, prova tangibile di una prodigiosa fecondità.

Il momento tanto atteso è arrivato.

Antonio Spadaro prende la parola. Il titolo del suo intervento – La parola poetica: farfalla infilzata o conchiglia marina? – lascia presagire lunghe passeggiate a piedi scalzi sul bagnasciuga a raccogliere i doni dell’ultima mareggiata. Un po’ inquietante però si profila all’orizzonte l’immagine della farfalla infilzata. Cosa vorrà dire? Forse che un entomologo, se sadico, è anche un po’ poeta o piuttosto c’è della poesia nel sadismo di un entomologo? Finita l’attesa incominciano a dischiudersi davanti a me possibili risposte. Con un’abilità incredibile nel gestire infiniti spunti di riflessione tirati fuori dai mille autori citati (da Emily Dickinson a Karol Woytila a Bartolo Cattafi, per ricordarne soltanto alcuni) come se fosse un prestigiatore, capace di tirar fuori dal suo cappello tutto ciò che può essere utile ad illuminare il concetto che sta esponendo, in un tempo breve ma densissimo, ha tracciato una sua idea della parola poetica, utilizzando efficaci immagini.

La poesia come luogo magico in cui le parole rinascono continuamente, e nel loro continuo vivificarsi lasciano trasparire l’infinita varietà del reale. E ancora, le parole poetiche come parole viventi, come conchiglie marine che offrono la possibilità di ascoltare lo sciabordio del mare. Ecco, ci siamo! A questo punto arriva l’atteso chiarimento che mette pace nel mio animo turbato dall’immagine della farfalla infilzata. Se la parola poetica è parola vivente che risuona continuamente come una conchiglia, il suo contrario è la parola morta, depositata nelle pagine di un dizionario come fosse una farfalla il cui volo è stato interrotto per esporla nella vetrina di un collezionista.

A questo punto, rasserenata e ormai fermamente convertita al credo della parola conchiglia, comunico a Nancy che possiamo abbandonare l’assemblea.

Comments (1)

vivianaAprile 8th, 2008 at 19:58

“comunico a Nancy che possiamo abbandonare l’assemblea” cioè siete scappate prima dell fine?scherzo e invece ieri sera cosa avete fatto con il progetto di scrivere un libro?voglio sapere………..