Un libro ha scelto me: Claudia Terranova, “Stanza 212”
Un poeta palestinese, una stanza di una clinica texana, un bambino estremamente sveglio di nome David ed un’eterogenea schiera di personaggi toccati dal vuoto della solitudine. Un intreccio “stonato” che, grazie alla penna della docente messinese Claudia Terranova, si trasforma in una sinfonia dedicata alla vita. Un vero e proprio Inno alla gioia, colonna sonora di molte pagine del romanzo, che guida i lettori all’interno di uno strano microcosmo creatosi intorno alla figura di Mahmoud Darwish, unica personalità palestinese alla quale sono stati concessi i funerali di stato dopo Arafat. Gli ultimi giorni di vita del poeta arabo, morto nel 2008, si trasformeranno in un affresco dedicato alla condivisione, alla solidarietà ed alla comunanza.
Percorro il lungo corridoio che mi porta alla scala antincendio con una leggerezza mai provata prima. Mi sento felice. Gli ospiti inattesi hanno colmato non solo il vuoto della mia stanza, ma il vuoto più incolmabile della mia condizione. Da oggi è il numero 212 affisso sulla porta della stanza è diventato il numero civico della mia nuova dimora. Da oggi c’è qualcuno ad aspettarmi.
Visto da dietro, questo gruppo stretto in semicerchio sembra opporsi alla serva dell’invisibile. In questi momenti comprendo quanto sia salvifica l’arte che coltivo e con lei tutte le arti. In questa clinica la musica del violino di John vince sulla malattia e anche sulla morte. Risuonano ora nitidi i miei versi: «O morte, come ti hanno sconfitto tutte le arti e come sfuggirà sempre ai tuoi tranelli l’eternità».
Come vorrei che l’arrivo degli elefanti impedisse ai medici di iniziare l’intervento: ma qui, neanche l’ombra. L’aria è ancora più fredda della 212. Tra tanti sguardi, solo quello di Liz è una bussola che mi impedisce lo spaesamento. Non è la prima volta che faccio i conti con il rischio della mia vita. Le mie inseparabili sigarette mi mettono costantemente alla prova: «sono un giocatore d’azzardo, nient’altro che un lancio di dadi tra preda e predatori».
Marco Boncoddo