Due sere al Globe, con William!

C’è un strano signore che si aggira per il parco di Villa Borghese. Vuole proprio vedere come se la cavano anche quest’anno. Sono passati quindici anni dalla fondazione del Silvano Toti Globe Theatre di Roma e a dispetto della crisi nel mondo artistico e culturale, questo teatro, passo dopo passo è riuscito a diventare un appuntamento fisso, un luogo di incontro, un punto di riferimento, non solo per i romani ma per tutti gli appassionati di W. Shakespeare. Le varie compagnie e gli allestimenti che si avvicendano durante l’estate non hanno nulla da invidiare a quello che chiameremo l’originale.

Questo strano signore, dunque, non può che esserne orgoglioso, ma non vuole darlo a vedere. Non potrebbe.

Ma ogni anno da 15 anni, dopo aver perlustrato ancora una volta l’edificio a lui tanto caro, aspetta che il pubblico si accomodi, per terra o in galleria. Si siede in mezzo a loro e osserva i sorrisi, ascolta i commenti, indugia sulle espressioni ammirate e poi, anche lui inizia a recitare, parole già conosciute.

Questa sera di metà luglio ha deciso di sedersi accanto a tre signore, gli ricordano tanto le sue allegre comari di Windsor, se non fosse che al momento dell’inizio dello spettacolo la loro bocca si chiude e i loro occhi si fanno attenti. Segue il loro sguardo e …assiste.

Va in scena “Molto rumore per nulla”, la regia è di Loredana Scaramella, tra gli attori spiccano Barbara Moselli, Mauro Santopietro e Maurizio Marchetti.  Le tre comari ne rimangono estasiate.  La fedeltà al testo è interpretata in modo coinvolgente. Sembra che tutti gli spettatori siano invitati al matrimonio, diventino commensali e quindi co-interpreti di tutto l’intreccio di amore, invidia e tentativo di rovinare la festa. La musica, protagonista essa stessa di tutta la commedia, afferma l’ispirazione e l’origine messinese e siciliana del contesto. Si riconosce quella passione che solo la gente del sud sa mettere nell’esprimere ogni sentimento, sia esso di gioia e allegria, così come  di odio e vendetta. L’amore, come sempre visto sotto vari colori si esprime al meglio nelle sue vari fasi della vita, quello adolescenziale e fatto di emozioni di Ero e Claudio e quello disincantato dall’esperienza e dalle delusioni, ma non meno appassionato di Beatrice e Benedetto.

Tutti in scena affermano la propria personalità e per tutto il tempo accolgono e coinvolgono il pubblico tenendolo stretto dalla loro parte di ragione. Pur conoscendo già la trama, tutti tirano un sospiro di sollievo per la felice conclusione.

Le tre donne vanno via estasiate. Le rivedrà una seconda volta a fine estate, stavolta sono due ma hanno lo stesso sguardo vigile e attento a ciò che succede in scena. Gli sembra che si aspettino una conferma di ciò a cui hanno assistito un paio di mesi prima. E non rimarranno certo deluse.

Stavolta va in scena “La bisbetica domata”, stessa regia e stesso allestimento che danno prova di sé in una interpretazione di teatro nel teatro, “play within the play”, straordinaria. Uno degli protagonisti è lo stesso Santopietro e la protagonista è Carlotta Proietti. Eccola la bisbetica da domare, che donerà al suo ruolo un tratto di eleganza. Finalmente! Tutte le “bisbetiche” viste fino ad ora, chi più, chi meno convincenti, non avevano questa caratteristica, eppure Shakespeare non aveva delineato una donna selvaggia, con un femminismo fine a stesso, come l’aggettivo sembrerebbe far credere.  Le due comari hanno davanti una figura di donna indomabile, fiera e incapace di sottomettersi alle convenzioni matrimoniali.

Ma anche Petruccio è un indomabile: Mauro Santopietro ha uno stile  robusto ed elegante, guida e conduce l’intreccio della trama come chi conosce bene il suo obiettivo e sa come raggiungerlo. E’ a suo agio nel suo ruolo, come lo era nel ruolo di Benedetto, self-confident direbbe lo strano signore. I due, infatti, sembrano conoscersi bene. Così fa in modo che  la storia non si riduca ad una banale battaglia tra i sessi, ma alla necessità di una reciprocità. Nel suo tentativo di domare Caterina, Petruccio riconoscerà l’amore per se stesso e per la sua donna. Una delle due comari, commentando il rapporto tra Petruccio e Caterina, ripensa addirittura a Calvino, nel suo celebre “Il barone rampante”, dove dice: “Si conobbero. Lui conobbe lei e se stesso, perché in verità non s’era mai saputo. E lei conobbe lui e se stessa, perché pur essendosi saputa sempre, mai s’era potuta riconoscere così. La commedia si concluderà con il preludio di un nuovo inizio, quello di un matrimonio dove il vero amore coniugale, fatto di complicità e devozione reciproca vincerà sulle effimere convenzioni sociali.

Una nota a parte ma non meno importante meritano l’allestimento e i movimenti di scena delle due commedie: tutti sono protagonisti su quel palco. Anche gli oggetti. Le lenzuola e le corde  nella prima, i tavoli e le sedie nella seconda. Tutto si muove nello stesso momento in cui si muovono gli attori. Lo sforzo fisico e l’impegno in scena diventa una vera coreografia, i salti e gli spostamenti sembrano movimenti di danza . Un lenzuolo può diventare la tovaglia da tavola di un banchetto, una corda può diventare un’altalena, addirittura, uno dei tavoli con delle piccoli luci può diventare un palcoscenico, e il palcoscenico diventa simbolo della vita, sul quale si sale, si fa il proprio numero e poi si scende, passando dalla luce al buio, dove un ubriacone può diventare all’improvviso un ricco signore che osserva la scena da un trono come un dio spettatore delle vicende degli uomini. Le due comari si guardano attorno. Tutti gli spettatori sono coinvolti nella scena e coccolati come lo è quell’ubriacone e ripensano a un’altra caratteristica presente nel teatro di Shakespeare, quella sottile linea di confine tra realtà e sogno.

C’è tutto di Shakespeare nelle due commedie della Scaramella: le fonti, le ispirazioni, l’esperienza della vita e il genio del bardo.  Gli stessi attori sembrano creature shakespeariane.

Le due comari sono sazie e con lo anche lo strano signore. Mentre escono dal teatro commentano entusiaste, mentre lui, un po’ di disparte sembra volerle accompagnare. Una di loro, all’improvviso, si gira per vedere chi le sta seguendo, ma sono già fuori dalla villa. L’altra chiede chi abbia visto  ma la comare non sa rispondere.

Lo strano signore rimane lì a osservarle mentre vanno via. Sa che torneranno e lui le aspetterà.

See you soon, Sir Shakespeare!

( Recensione a cura di Nancy Antonazzo e Monia De Cesare)