Edna O’Brian, “La trilogia delle ragazze di campagna”

E visto che ci ha preso gusto, eccovi una nuova recensione della nostra Laros!

Leggere tre romanzi di fila, senza sosta, in velocità si può. Veloci perché lo stile è tanto scorrevole da poter leggere pagine e pagine senza accorgersene, veloci si è per curiosità, procedi per capire perché un tale di nome Philip Roth abbia definito Edna O’Brien la piu’ grande scrittrice in lingua inglese vivente. E’ una trilogia: “Ragazze di campagna”, “La ragazza dagli occhi verdi”, “Ragazze nella felicità coniugale”.

Il primo libro apre la narrazione , il percorso di due vite e di un’amicizia, sono Baba e Kate le due protagoniste, un po’ come le amiche di Elena Ferrante, ma lo sfondo non è Napoli, loro nascono e crescono nella cattolicissima Irlanda. E’ la storia, il percorso di vita di due donne verso l’emancipazione sociale e sessuale , il tentativo di affrancarsi dalle imposizioni della cultura cattolica , la religione che educa e controlla le menti e dal cui condizionamento cercano di liberarsi , è la storia della fatica compiuta per diventare adulte e di vedere infrangere i propri sogni. I primi due romanzi sono narrati in prima persona da Kate, il terzo da Baba . Il cambio di narratore permette anche un cambio di punto di vista e non solo… La vita delle due donne segue la stessa linea nel percorso esteriore, interiormente le cose vanno diversamente, cosi come nella vita reale ognuno è solo e diverso dalla pelle in giù. Interiorità’ ed esteriorità sembrano non incontrarsi , solo all’ultimo avviene il perfetto incrocio, l’intersezione accade nel nome del dolore. Lo stile è semplicissimo, così semplice da spiazzare in principio, la narrazione subisce un crescendo, il climax si avverte passando da un libro all’altro, come una scalata che diventa sempre piu’ erta, faticosa, pericolosa e la leggerezza è solo apparenza e ti chiedi, perché? Poi pian piano comprendi che tutto è suggerito, quanto è stato volutamente omesso, escluso dalla trama, sussurrato, tutto cio’ può far volare alto un’opera così come si addice ai buoni scrittori che le cose non le dicono, ci devi arrivare tu. L’ultimo libro cambia anche i toni, sembra quasi che la scrittrice compia un cambiamento assieme alle sue protagoniste o chissà, forse sono loro che influenzano la O’Brien, chi può dirlo? La scrittura diventa più schietta, cruda e non solo perché cambia il narratore ma anche perché quando si tirano le somme della vita, fingere non è più possibile nemmeno con le parole: ” perché ci sono cose a questo mondo che non si possono chiedere….ci sono cose a questo mondo a cui non si può rispondere “. Ma che dire di più? si comprende ben presto, dopo l’iniziale “smarrimento”, che ne è valsa la pena. Leggere questi romanzi è ’ semplice, si bevono in un’unica sorsata, ma non fatevi illusioni, il sapore che resta in bocca è ciò che conta, ed è dolcemente agro.