La spiaggia

“Ma come cavolo ci sono finita in questa situazione?” si domandava Tania mentre camminava fianco a fianco con un uomo che poteva essere suo padre.

Se soltanto lui avesse avuto una moglie, dei figli, o addirittura una madre malata, di sicuro Tania avrebbe evitato di lasciarsi coinvolgere in quella storia. Inoltre dopo la rottura con Luca voleva una pausa, un po’ di tempo per capire che cosa volesse “lei” dopo tanti anni in cui erano stati gli altri a decidere al posto suo.

Camminavano fianco a fianco, come sottofondo solo il rumore ritmico del mare e quello dei loro passi sulla sabbia. Erano già le sette di sera e la spiaggia era quasi deserta, fatta eccezione per i rifiuti lasciati dai bagnanti e per le reti di un pescatore poggiate vicino alla sua barca.

“Che schifo” aveva sentenziato Tania, dando un calcio ad una lattina vuota.

“No” pensò “non era per niente romantico. Luca non l’avrebbe mai portata in un posto del genere”.

“Scusa” fece lui mentre apriva dei fogli di giornale e li allargava sulla spiaggia “avevo preparato i teli da mare, ma devo averli dimenticati a casa. Ci arrangiamo così. Ti dispiace?”

“No…” ma si capiva benissimo che l’idea di sporcare i suoi pantaloni bianchi con l’inchiostro dei giornali non le andava proprio.

All’improvviso da un chiosco che vendeva bibite arrivarono le prime note di una canzone napoletana che parlava di “seni da sfiorare e labbra da baciare”.

Lo squallido quadretto era completo!

Tania si sentiva terribilmente a disagio, voleva andare via e finse un po’ di tosse.

“Senti freddo?” aveva fatto lui spezzando quel silenzio imbarazzante.

“Un po’”

“Tieni” e le aveva messo la sua giacca sulle spalle: sapeva di tabacco, di sapone e di rosticceria. Ma non le dispiaceva.

Si sedettero, in silenzio, con la musica napoletana in sottofondo e sciami di zanzare che non davano tregua.

Lui la baciò, goffamente, come uno che ha perso da tempo l’abitudine a quel gesto. Poi si allontanò: “Scusami. Non dovevo” e rimase fisso a guardare nel vuoto.

Il pescatore li guardava incuriosito. Tania lo fissò arrabbiata e lui si voltò fingendo di fare altro.

Stettero in silenzio per altri minuti che sembravano infiniti.

“Io non lo so che cosa voglio. Sto cercando di pensare a me stessa, per ora…”

“Scusa, mi ero illuso. Ma adesso è tutto più chiaro”

Si alzarono, quasi insieme. Lei gli diede la giacca, lui la prese e la indossò.

Si incamminarono verso il parcheggio: “Ti chiamo domani” disse lei e gli fece un cenno di saluto con la mano.

Comments (2)

anlisaNovembre 13th, 2008 at 14:22

mischina…mi viene da pensare…mi da l’impressione di avere accettato per…pietà? perche nn aveva nulla di meglio da fare? per vedere un pò come andava a finire? forse era meglio che si faceva un bel bagno caldo..con una tazza di thè….porella!!!!mi sembra di sentire gli odori della giacca di lui…e a dire il vero…bleah…e lui…beh proprio alla frutta….brava…hai descritto i due in modo da farmeli davvero vedere…e che dire di tutta l’atmosfera?grande…ci vedo una specie di pubblicità regresso hai presente?…MI PIACE!!!DISSACRANTE, REALISTA, CRUDA, SCARNA…GRANDIOSA!

lagiNovembre 13th, 2008 at 20:02

grazie! troppo buona… Francesca