Le recensioni di Terremoti di carta: “Gli anni al contrario”di Nadia Terranova

A partire da oggi inauguriamo un nuovo appuntamento con la letteratura che avrà per oggetto una serie di recensioni di romanzi contemporanei. Chiunque fosse interessato ad avere una recensione da parte dell’associazione Terremoti di carta, potrà richiederlo  all’indirizzo terremotidicarta@gmail.com  inviando una copia del romanzo.

La nostra prima protagonista è Nadia Terranova, con il suo “Gli anni al contrario“.

E’ nelle librerie da neppure un mese e già ha suscitato l’interesse e il plauso di moltissimi lettori.  “Gli anni al contrario” (edito da Einaudi), romanzo d’esordio di Nadia Terranova,  racconta la storia di due ragazzi che sognavano di fare la rivoluzione e invece fanno una figlia.

Aurora Silini e Giovanni Santatorre si incontrano all’università negli anni ‘70,  entrambi iscritti in Filosofia frequentano diversi gruppi politici di sinistra. Aurora, ha studiato dalle suore, ricevendo un’educazione repressiva da parte del padre “fascistissimo”. Giovanni, figlio di un avvocato di fede comunista, è cresciuto sotto lo sguardo assente dei genitori forse troppo permissivi.  I due si innamorano e, dopo solo  pochi mesi, si ritrovano ad affrontare una  gravidanza inattesa. Contro ogni aspettativa, entrambe le famiglie reagiscono positivamente alla notizia ed aiutano i ragazzi ad avviare la loro vita insieme.

Aurora, solo apparentemente fragile, si dimostra determinata nel sostenere  il suo nuovo ruolo di madre. Giovanni invece, fin dalle prime pagine, si presenta come un ragazzo insofferente, smanioso di  ribellarsi, di andare contro, di combattere, senza sapere bene “per che cosa” e “contro chi”.  Questo atteggiamento  sfocerà in  un perenne senso di insoddisfazione e di inadeguatezza, di cui faranno le spese tutti i suoi affetti  e in particolar modo la figlia.  L’assenza a singhiozzo del padre segnerà la piccola Mara fin dal primo vagito, ma nonostante ciò Aurora cercherà di salvare la sua famiglia o almeno il legame tra la bambina e il padre.

La scrittrice messinese, che vive da anni a Roma, ha deciso di ambientare il romanzo nella città dello Stretto, con la sua Fata Morgana, i colli e il pesce spada, ma che, al di là di questi particolari, potrebbe essere una qualunque delle province italiane di quegli anni. Attraverso la storia dei due ragazzi, la Terranova infatti ci racconta una generazione di  “figli” che avevano  voglia di far sentire la propria voce, di esserci, di lasciare un segno nella Storia, anche a costo di lasciarlo col sangue. E così mentre Aurora e Giovanni  cercano di crescere loro malgrado,  in lontananza si avverte l’eco della Storia di quegli anni: le Brigate rosse, la lotta armata, il sequestro Moro, la morte di Peppino Impastato.

Il romanzo, che ci racconta l’Italia degli anni ’70 e ‘80, è costellato da fughe, allontanamenti, riappacificazioni che la piccola Mara osserverà senza rancore ma amando incondizionatamente quei genitori, diventati grandi senza troppa voglia.

E con gli stessi occhi indulgenti di Mara, la Terranova guarda a quella generazione senza emettere giudizi, usando una scrittura equilibrata, “lieve” ma incisiva, che lascia al lettore la libertà di osservare lo scorrere degli eventi senza essere influenzato dalla voce del narratore. La scrittrice ha deciso di raccontare quegli “anni al contrario”, anni in cui, se è vero che molti hanno sbagliato, alcuni forse lo hanno fatto in buona fede.  E in fondo quei ragazzi non sono poi così diversi dai nostri perché ogni nuova generazione vorrebbe cambiare il mondo, vorrebbe fare la “rivoluzione”, vorrebbe essere migliore della precedente ma alla fine spesso ha soltanto “nuovi problemi, nuove droghe, nuove idee o forse nessuna”.

Col suo romanzo la Terranova riesce a compiere una sorta di “catarsi” alla quale prende parte il lettore che vive le insicurezze di Aurora, le insoddisfazioni di Giovanni, le passioni di tutta una generazione, fino a liberarsi dal peso della Storia, attraverso la “storia degli occhi” rivelata solo nell’epilogo.

Francesca Giliberto