Nell’aria …. il Natale.

Arrivava il Natale e come in tutte le feste il mio posto era lì, a casa della nonna materna.
Mi recavo al paese con il treno, attraversavo la strada e subito di fronte alla stazione ferroviaria c’era la casa. Aperto il pesante portone di legno, un tempo con il battente di ferro a forma di testa di leone, un lieve ma pungente odore di muffa proveniente dall’umido cantinato mi colpiva. Salivo le scale ed ad attendermi c’era lei, con la sua crocchia fatta di trecce, fili bianchi sparsi, i suoi occhi azzurri ad abbracciarmi, le sue mani affaticate dal peso degli anni, dei precoci e pesanti lavori di bambina e di madre. Piccola e curva, ma sempre sorridente.
E iniziavano i giorni di festa.
Il cuore della casa era la cucina dove l’intera famiglia riunita per l’evento preparava pasti che non hanno avuto più da tempo lo stesso sapore.
La vigilia del Natale era un tripudio per i sensi: le crespelle con l’uvetta fritte e poi passate nello zucchero e nella cannella, pitoni ed arancini, caldi e dorati, visti nascere dal nulla e formarsi lentamente, passo dopo passo, facendo ben attenzione che non si sfaldassero in padella; la lasagna impastata e tirata a mano per il pranzo del giorno dopo, il pan di spagna a cinque uova da farcire con la crema alla vaniglia, il sugo da restringere per ore; perfino l’odore pesante del baccalà diventava piacevole. Tra i dolci faceva da padrone il torrone, tanto peso di mandorle e tanto di zucchero, girato di continuo finchè lo zucchero diventa caramello, versato caldo caldo sul piano di marmo oleato per dargli la forma. Aleggiava uno spirito di unione e di condivisione, la leggerezza nei cuori oscurava il peso del lavoro.
La tavola rispecchiava dei cristalli buoni tirati fuori dalla vetrina per l’occasione, come i piatti bianchi con i fiori rossi che ho portato da poco a casa mia; dopo cena la festa raggiungeva il culmine con la tombola, quella con le cartelle di carta e lenticchie e fagioli a fare da segnapunti.
Il giallo braciere d’ottone tentava di scaldare la grande stanza dalle mura spesse e fredde, mentre tutt’intorno si spandeva il vapore profumato delle bucce dei limoni e delle arance buttate nel fuoco dei carboni.
Tutto sapeva di buono sebbene non ci fossero doni da scambiare, né addobbi, né Babbo Natale.
C’eravamo tutti noi, che siamo ormai persi e dispersi qua e là, per le strade del mondo e lassù tra le stelle.

Giusi

Comments (2)

francesco chillariDicembre 16th, 2010 at 09:33

Veramente bello! Si sente il calore avvolgente dei ricordi e il sapore genuino delle feste di famiglia. L’emozione che mi ha coinvolto il lunedì quando lo hai letto, l’ho risentita ancora adesso.

lagilinaDicembre 16th, 2010 at 17:23

Mentre lo leggevi lunedì non mi ero accorta di quanto la tua nonna, con la crocchia di treccine e gli occhi azzurri, somigliasse alla mia “piccola” nonna Francesca…
Grazie.