Recensione a “Come una storia d’amore” di Nadia Terranova

<“La felicità è un dovere e chi non adempie deve presentare apposito documento coi suoi validi motivi”.
Di felicità se ne respira ben poca nei dieci racconti che compongono l’ultimo libro di Nadia Terranova, scrittrice messinese trapiantata a Roma, ma con salde radici nella città dello Stretto. Il libro è un omaggio alla Capitale, la città scelta per vivere al centro del mondo, pur con i suoi difetti e a dispetto delle grandi e ben organizzate città del Nord. Un omaggio in quanto la scrittrice ci ambienta le vicende delle sue protagoniste (perché sì, sono donne, mogli – figlie – fidanzate – sorelle, le voci del libro), facendocene percorrere vie e quartieri, parlando la sua lingua, ripescandone la Storia. Scrivere un racconto può sembrare cosa facile, scrivere un libro di racconti che seguano una tessitura definita lo è meno. I racconti non hanno il respiro delle grandi narrazioni, per essere ben scritti devono lasciare un messaggio in poche pagine e, nella loro brevità, tutti insieme riuscire a regalare sensazioni. Ripercorrendo le orme dei grandi narratori di racconti, quali Carver e la Berlin, Nadia Terranova con “Come una storia d’amore” raggiunge l’obiettivo.
Come dicevamo all’inizio, nei racconti la felicità – intesa come emozione – non abbonda e paradossalmente (o proprio per questo motivo) è un termine che ricorre, che si ricerca in continuazione persino in una lingua – l’ebraico – inconsueta da studiare. Piuttosto è un susseguirsi di sentimenti contenuti, trattenuti, congelati. E’ l’essere che non è quel che si vorrebbe essere, ciò che è stato, ciò che non è stato, quel che è diventato. Le short stories della Terranova sono tenute insieme da un filo invisibile, una voce che ha sempre lo stesso volume, intimo e mai gridato. Come ciottoli sparsi a tracciare un percorso, scopriamo dieci frammenti di vita che, alla stregua della vita, hanno un inizio lontano e non hanno definizione. E dentro ci troviamo il viaggio, la morte, la malattia, solitudini e solidarietà, gelosie e complicità, assenze, rapporti interrotti, luoghi fuori dal tempo. E poi c’è Roma, con i suoi quartieri, le periferie, i mercati e le bancarelle, i bar e le piazze, Roma multietnica, la stazione, il ghetto, l’odore di fritto e la schiuma del cappuccino. Roma che, come l’amore che contiene nel nome, esplode nella fase dell’innamoramento e poi, quando il fuoco si spegne, devi viverla e viverlo ripercorrendone ogni mattonella, con più lentezza per una nuova riscoperta, più calma e più consapevole.

(G.DB)