Recensione a Kent Haruf “Le nostre anime di notte”
di Rosalia Mollica
Che cosa può accadere quando una signora settantenne chiede al suo vicino di casa di passare le notti insieme? Succede che si dicono tutto, il senso della vita, le sensazioni delle cose che a volte piovono addosso, il dolore della perdita, della delusione e del piacere. In questi sussurri notturni creano uno spazio tra le cose , come le avvertivano una volta e come le sentono adesso.
La città è Holt, inventata da Haruf nella trilogia della Pianura. Questo romanzo, uscito postumo, è forse un testamento spirituale di uno scrittore prossimo alla fine, trasmette necessità, impellenza, desiderio, fretta di fare e colmare le lacune della vita. La scrittura è lineare, scorrevole, “ pianeggiante “ , si legge più tra le righe, negli spazi bianchi, come spesso splendidamente accade, mai patetico o mieloso.
Addie e Louis, i due protagonisti, vedovi entrambi, si ritrovano a fare i “discorsi del cuscino”. Le loro giornate scorrono nella semplice quotidianità, ma la sera tutto cambia, il letto diventa il luogo d’incontro, il lettino psicoanalitico, dove tra i sussurri si rivela la loro anima, si dice ciò che non si è mai detto a nessuno, nemmeno a se stessi.
“Non voglio più vivere in quel modo- per gli altri, per quello che pensano, che credono. Non è cosi che si vive. Non per me almeno” dice Addie. Lei sarà il vero timoniere della storia e trascinerà Louis in questo parto dell’anima, lei principalmente, vuole riappropriarsi del diritto alla felicità. È una ribellione al conformismo della città, a coloro che vedono in tutto ciò solo il peccato e mai si soffermano per capire cosa può esserci di profondo, doloroso, gioioso. Ma è soprattutto il traguardo di un percorso compiuto all’interno, poiché all’interno i fatti assumono senso diverso anche se la vita poi scorre seguendo la corrente. Madre-nonna ma soprattutto donna, trasmette una pacatezza e un senso di libertà che coinvolge tutti coloro che le ruotano intorno: il nipote Jamie, Louis, l’amica Ruth e per assurdo coloro che appartengono alle vecchie generazioni, coloro che hanno già vissuto il vivibile. E dopo i momenti di gioia nell’accudire il nipote, la consapevolezza che forse si è tradita la propria natura, che si sono commessi solo peccati di omissione per aver fatto solamente quello che gli altri si aspettavano.
Addie e Louis possono accettare che “è stata la nostra vita” e che pochi riescono ad avere ciò che si desidera. Solo adesso si può dire con serenità “Per noi le novità e le emozioni non sono finite. Non siamo diventati aridi nel corpo e nello spirito”. La nuova generazione non riesce a comprendere, come il figlio di Addie, Gene, poiché è ancora immerso nel bailamme dei suoi giorni, non si è dovuto ancora voltare indietro, non è cosciente che la vita che sta vivendo ha bisogno di una lettura a posteriori per essere capita, rimpianta o rinnegata. Addie e Louis vedono il loro futuro con l’anima rivolta verso il passato, possono comprendere, possono pretendere. Ma la vox populi e principalmente la vox familiaris impone che la libera scelta diventi clandestinità imposta e il “..non posso farci niente, è la mia famiglia” sembra una pietra tombale su ciò che era aria limpida e pura, ma l’aria, si sa, non si può ingabbiare ..
Potere e forza dello specchio di tutte le anime, che è la letteratura. Questo scarno romanzo è commovente e necessario, viene voglia di accucciarsi e ascoltare due vecchi che parlano al buio e pensare che, grazie al cielo, “per un po’ è ancora notte”!.
Consiglio di vedere anche la versione cinematografica ❤️