VEDERE COSE

«La superficie del pane è meravigliosa prima di tutto per l’impressione quasi panoramica che dà: come se si avesse a disposizione, sotto mano, le Alpi, il Tauro o la Cordigliera delle Ande. Così dunque una massa amorfa in stato di eruzione fu introdotta per noi nel forno stellare, dove indurendo si è foggiata in valli, creste, ondulazioni, crepe…». È vero: guardando la crosta del pane in obliquo, non dall’alto ma di lato e da vicino, riconosciamo questa suggestiva descrizione che ci viene suggerita dallo scrittore francese Francis Ponge.
La nostra vita quotidiana è piena di piccoli oggetti, di piccole cose che ci circondano e che usiamo o contempliamo o con le quali comunque entriamo in contatto. In realtà il rapporto concreto con le cose è il luogo in cui si gioca molta parte della nostra vita, giorno per giorno. Il significato della nostra stessa esistenza si gioca anche nel modo in cui noi viviamo con gli oggetti, come vediamo le cose.
Il 5 febbraio 1852 Henry David Thoreau, scrittore e maestro del «rinascimento americano», registra nel suo diario: «Sospetto che il bambino colga il suo primo fiore con una percezione della sua bellezza e del suo significato che il futuro botanico non mantiene mai». Se il fiore può sembrare oggetto fin troppo prezioso, possiamo ricordare la passione che il pensatore gesuita Pierre Teilhard de Chardin da bambino nutriva per gli oggetti di ferro: un bullone d’aratro, la testa metallica esagonale di una colonnetta di rinforzo, schegge di proiettili di un tiro a segno… «Fanciullaggini» le definisce lo stesso Teilhard da adulto, il quale però non può non riconoscere che «in questo gesto istintivo che mi faceva, in senso rigoroso, adorare un pezzo di metallo, erano racchiusi e raccolti un’intensità di tono ed un corteo d’esigenze dei quali l’intera mia vita spirituale è stata solo lo sviluppo».
Come si fa dunque a «vedere» veramente la realtà, che sia essa un fiore o un bullone di ferro? Come mantenere uno sguardo sempre fresco sugli oggetti? Il premio Nobel irlandese Seamus Heaney direbbe, citando il titolo di una sua raccolta, che si tratta di imparare a Seeing Things, a «veder cose». Ma l’espressione in inglese significa anche «avere visioni». È in questo duplice senso che è da cercare la risposta. La densità di visione è tipica dell’ispirazione creativa di cui l’uomo ha bisogno per vivere appieno la sua vita. In questo senso ogni oggetto può diventare un’opera d’arte nel senso che è reso tale dallo sguardo di chi lo contempla.

Antonio Spadaro