Riflessioni su stile, temi e narrazione ne Gli abbracci spezzati di Pedro Almodóvar

Gli abbracci spezzati, ultimo film di Almodóvar, è la storia di un regista cieco di mezza età, professionista di successo e uomo affascinante, la cui vita presenta risvolti strani e poco comprensibili, i quali andranno acclarandosi nel corso della vicenda fino alla risoluzione finale.
Come al solito in Almodóvar, la storia si basa sul gioco degli equivoci, su un intreccio di relazioni affettive di vario genere, su un erotismo acceso, su segreti che si infittiscono e sembrano a tratti chiarirsi solo per complicarsi ulteriormente e risolversi, infine, nei modi più inaspettati.
Il tono è allegro, vivace, spesso comico, scoppiettante come sempre nel regista spagnolo, nonostante la profondità con cui è affrontato il tema della complessità dei rapporti umani.
In particolare il film parla della perdita delle cose e degli affetti più cari e di come possa essere affrontata. Mette in scena il dolore del lutto, che però non altera la sacralità del ricordo. Fa sentire l’ amore per la vita, che si afferma nonostante tutto. Sfocia, infine, nella certezza interiore che l’ amore vero dura per sempre, anche al di là della morte.
Ma il vero tema che innerva e sostanzia il film, attorno al quale si dispongono tutti gli altri, è quello della sublimazione attraverso l’ arte. Nel finale, gli eventi curiosi e quelli drammatici, le passioni che trascinano e le risorse interiori che consentono di resistere alle avversità, gli sforzi sinergici o contrapposti dei diversi personaggi, dopo aver giocato, giostrato e colliso tra loro innumerevoli volte, convergeranno tutti attorno al montaggio di una pellicola dalla quale nascerà un grande film, come metafora concreta della vita con le sue luci ed ombre, tela nella cui tessitura si ricompongono tutti gli abbracci spezzati.
Un’opera filmica, un racconto per immagini, come metafora della vita capace di cogliere il senso più autentico della vita stessa. Questo il significato del “film nel film” che il protagonista sarà messo in condizione di realizzare, concretamente generato dalle storie tragicomiche dei personaggi e poi dal sofferto lavoro della memoria e infine dalla paziente operazione tecnica – ma non meno intensamente affettiva – in cui consisterà il montaggio.
La tesi che Gli abbracci spezzati possa esser letto in chiave metafilmica è rafforzata dalla constatazione che gli snodi fondamentali della complessa vicenda, se si presta la dovuta attenzione, si verificano nei momenti in cui prendono le mosse ben tre narrazioni nella narrazione: 1) quella che il protagonista padre comincia a fare al collaboratore figlio (ancora ignaro di essere tale) a proposito del proprio passato; 2) il racconto che la deuteroprotagonista femminile, madre del collaboratore-figlio del regista, fa al figlio quando gli rivela che il regista è suo padre; 3) la narrazione consistente nelle riprese, e poi nel montaggio-ricostruzione, del film dentro il film, girato tra imprevisti e difficoltà, perso e infine ritrovato, e del quale si è già detto che in esso convergono tutti i significati e le linee di forza della vicenda.
Meritano una giusta considerazione alcune particolarità di ordine stilistico. Pur nel suo basilare realismo rappresentativo, è mia impressione che il film assuma talora toni, oltre che giocosi e grotteschi, anche surreali, che ricordano il grande conterraneo di Almodóvar, Luis Buňuel. Ritengo infatti che ne Gli abbracci spezzati si possano individuare, in una certa misura, alcune procedure narrative che sono proverbiali e pervasive nell’ opera di Buňuel.
In primo luogo determinati fatti e personaggi “contingenti”, che, in quanto introdotti sulla scena, creano nello spettatore l’aspettativa di dover avere un seguito o assumere maggior rilievo, vengono invece accantonati completamente nel prosieguo della vicenda. E’ il caso, per esempio, dell’incontro erotico del regista con la ragazza bionda che lo aiuta ad attraversare la strada.
Alternativamente, elementi della configurazione che ci viene presentata in un dato momento vengono successivamente sviluppati assurgendo a maggior importanza e conferendo ai fatti significati completamente nuovi, che disvelano come apparenza fallace quanto in precedenza avevamo dato per scontato. Questo secondo tipo di procedimento è largamente impiegato e determina un effetto simile allo straniamento.
Qual è il senso complessivo dell’operazione attraverso la quale l’insolito viene presentato come ordinario e l’ordinario si rivela insolito? Entrambi gli aspetti si incontrano anche nella vita; entrambi contribuiscono alla specificità stilistica di questo e degli altri film di Almodóvar . L’uso intensivo che di simili meccanismi fa Buňuel, con le conseguenti, cospicue deformazioni nella coerenza logico-narrativa, è di chiara marca surrealista e connota l’originalissima atmosfera dei film di Buňuel, fatta di realismo magico e di poetico onirismo.
Di questo in Almodóvar vi è un’ eco, un piacevole sottofondo di surrealismo piuttosto che uno scoperto ricorso al sogno e all’incubo. L’impianto delle opere di Almodóvar è più di tipo teatrale che onirico, le sue atmosfere sono più luminose, meno cupe di quelle di Buňuel. Il miscredente maestro del Surrealismo, com’è noto, fu educato dai gesuiti e fu sempre affascinato dalle inesauribili risorse dell’immaginario religioso.
C’è invece qualcosa, in Almodóvar, che rimanda allo spirito libero e fiducioso (ma non ignaro del tragico) che è proprio del Rinascimento, alla valorizzazione rinascimentale dell’arte come espressione piena e autonoma dell’ essere umano.
Almodóvar ci ricorda, con Shakespeare, che la vita è fatta della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni, ma pure – anche questo in sintonia con il drammaturgo inglese – che non sempre c’è bisogno di ricorrere alla poesia del sogno per mettere in evidenza la poesia della vita.

Francesco

Comments (2)

FrancescoMarzo 20th, 2010 at 13:41

Bravo, mi è piaciuto, anche se come al solito tendi alla prolissità

tarantolinaMarzo 25th, 2010 at 16:04

Premetto che Almodovar è un regista che seguo molto quindi leggerti nn mi è risultato pesante poikè l’ argomento mi è familiare. Forse potresti sbilanciarti di più ed ammettere che l’erotismo nn è acceso ma pruriginoso, che gli equivoci nn sono semplici equivoci ma predestinazioni. Insomma essere un pò estremo, come del resto lo è Almodovar. Ma afferri la sostanza e ciò che l’ autore (in questo caso regista) vuole trasmettere. Sei introspettivo e questo rende la tua opinione sul film focalizzata e non dispersiva.Un bacio Fra, tvb Marilena